Edito da L’inedito (associazione letteraria), “I veli delle donne” è la prima prova narrativa di Antonella La Frazia che finora si era dedicata alla poesia con tre raccolte. I veli delle donne sono le sovrastrutture alle quali sono atavicamente costrette le donne e dalle quali a costo di intime sofferenze riescono a volte a liberarsi per ritrovare quella capacità tipicamente femminile di rimettersi in gioco, di ricominciare da se stesse e provare a proiettarsi verso un futuro che sebbene incerto risponde all’esigenza di sentirsi libere. Una scrittura pacata, nonostante il tema trattato che è quello della sofferenza, una perfetta corrispondenza alle istanze linguistiche (cosa per niente scontata con le nuove modalità narrative). La storia si dipana attraverso il vissuto di Giada che parte da lontano, dalla nonna, anche lei Giada che ha nel nome il senso della forza di entrambi personaggi che l’ha presa con se perché rimasta sola a combattere tra ricordi di sofferenza di sua madre, e attraversa le vite di donne diverse tra loro per storie e vissuti, che narrano a lei (che dalla nonna ha ereditato il dono di parlare con gatti, ma anche e soprattutto la capacità di donarsi agli altri) i loro percorsi di vita. Conosceremo quindi la storia di Nella che con la figlia Luisa scappa complice Giada da un marito violento, la storia di Lulmira, per tutti la pazza che le racconterà storie di abusi e di guerra e della morte della sua piccola, nata da una violenza ( e lo farà solo con lei) e poi di Evelina che tempi andati e tanta povertà hanno condannato a una vita senza amore, venduta al signorotto locai da un padre insensibile. E poi Olga che nasconde dietro l’aspetto altero una profonda solitudine e un forte senso di inadeguatezza e che sarà artefice delle scelte future di Giada che proprio perché scoperta da lei in una storia parallela trova la forza di prendere il suo camper e andare verso la libertà. Ma c’è anche la storia di Bruno/Giano, uomo tanto bello quanto incapace di prendere decisioni soprattutto rispetto al forte ascendete della mogli ricca che lo domina in ogni aspetto della sua vita tollerandone le tante scappatelle ( fin quando capirà che l’ultima, quella storia iniziata con Giada, potrebbe essere pericolosa). Il libro, bello, appassionante, che prende il lettore in un vortice di sensazioni si completa con il capitolo dedicato a Luisa, la bambina vittima di violenza assistita (la mamma e malmenata da suo padre e proprio suo padre avrà una svolta decisiva nella sua vita). Un libro intenso dalla narrazione semplice e oserei dire classica, con un sapiente intreccio delle parole e delle azioni, fato di una profonda attenzione alla narrazione già a partire dalla scelta dei nomi (Giada che è bella, splendente e forte come pietra dura, Lulmira che ci porta ad un immaginario fatto di città dell’est, a Giano che è bifronte). Belle le descrizioni dei luoghi, le atmosfere descritte ( la riva del mare, l’acqua, gli abbracci, le confessioni). All’incontro tenutosi da Il Bibliofilo di San Giorgio del Sannio, arricchito dalla personale di Massimiliano Mascolini (sua l’immagine di copertina del libro) e dalla musica di Patrizia Girardi, hanno partecipato Paola Tranfaglia e Sabrina Nicoloro.
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