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“Dove non mi hai portata “ di Maria Grazia Calandrone
     
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mar 22-11-2022 17:57, n.13986 - letto 407 volte

“Dove non mi hai portata “ di Maria Grazia Calandrone

Per la rubrica Letto per voi

di Elide Apice

C’è poesia e c’è dolore rassegnato, ci sono parole sottovoce e altre urlate, c’è il senso della vita e la morte come atto d’amore tra le righe di  “Dove non mi hai portata “ (Einaudi) di Maria Grazia Calandrone.
Un atto d’amore che diventa poesia narrata, il desiderio di una donna, abbandonata ormai più di 50 anni fa, che  si mette alla ricerca di sua madre, Lucia, e ne ripercorre gli anni e le vicende.
C’è tanto amore e tanta capacità di perdono nei confronti di chi ha fatto del male e costretto all’ultimo atto una donna che aveva solo voglia di prendere tra le mani la propria vita, dimenticare le angosce di un matrimonio non voluto e provare a ricominciare con l’uomo che l’amava, riamato.
La fuga dalla casa e dal paese, dalle chiacchiere facili verso Milano, luogo epico dei tempi, la voglia di avere una vita normale e poi una bambina da crescere.
Sulla testa di Lucia  e di Giuseppe, però, pendeva un'accusa e una futura condanna, avevano osato l’inosabile e per questo erano perseguitati.
Da qui un piano meticoloso che permettesse alla bambina di sopravvivere ai suoi sfortunati genitori e ri-nascere a una vita migliore.
Aveva 29 anni Lucia quando scivola nel Tevere e con lei Giuseppe tanto amato, ma non è una sconfitta, è semplicemente una resa di fronte all’ineluttabilità della vita in quei tempi.
Senza lavoro, senza soldi, perseguiti dalla legge, non avrebbero potuto concedere nulla di più della sopravvivenza alla bambina e Maria Grazia, il suo nome, meritava di più perché figlia dell’amore.

Una ricerca dolorosa tra le carte e le parole di una burocrazia sterile, tra le testimonianze di chi Lucia l’aveva conosciuta, un’ossessione che attanaglia il cuore dell’autrice fino all’ultima pagina di un libro che ricostruisce quasi come in una indagine poliziesca le scene e le possibilità, cercando di restituire dignità di poesia ad una storia che la cronaca del tempo aveva mal comunicato e che termina con quel “figlia mia” che è un tornare in seno a sua madre.
Lucia è la protagonista di questo libro così come Consolazione, la mamma adottiva, lo era del libro precedente, "Splendi come vita" (Ponte alle Grazie) e il cerchio si chiude introno a quella bimba abbandonata a soli 8 mesi ora in grado di fare pace col suo passato.



 
 


 

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