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"Mia" il film di Ivano Di Matteo
     
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dom 23-04-2023 08:43, n.14142 - letto 464 volte

"Mia" il film di Ivano Di Matteo

Il commento di Maria Pia Ciani

di Elide Apice


“Adesso è mia, Mia. Te l’hai chiamata così!”
Mia non è solo il titolo dell’ultimo film di Ivano Di Matteo, è la sintesi del film.
Il trailer ben costruito fa intuire la trama, un amore tossico e le conseguenze prevedibili che da esso derivano.
In realtà, il film racconta molto di più. Tutto si condensa in una scena finale struggente che porta a definire il film non bello, ma potente.
Ivan Di Matteo è un regista completo grazie alla sua esperienza attoriale e di sceneggiatore, che ama indagare nell’animo umano, con coraggio ne rappresenta i lati peggiori, le sfumature inquietanti.
Chi non ricorda La bella gente, I nostri ragazzi, Gli equilibristi, La vita possibile, Villetta con ospiti. 
Si tratta di film amari, lasciano il pubblico fortemente perplesso e, sovente, indignato. Ivan Di Matteo dipinge quadri grotteschi delineando i contorni di tutte le figure, con colori forti evidenzia anime nere in corpi curati, coperti da abiti firmati a sottolineare un perbenismo ipocrita. Insomma, Di Matteo sembra non avere molta fiducia nel genere umano, pare non nutrire alcuna stima nei confronti di alcune categorie in particolare.
La sintesi della filmografia potrebbe essere il testo di una canzone di qualche anno fa di Frankie hi-ngr mc “Quelli che benpensano”.
Il contesto sociale di Mia è molto ben rappresentato: un quartiere popolare di Roma, una palazzina alta circondata da tante altre simili, un appartamento con un solo bagno, dignitosamente arredato, la moka sul fornello, il tavolo  della cucina accostato alla parete, la camera della ragazza con i poster attaccati alla parete, le foto di famiglia sono i complementi d’arredo più preziosi, abiti poco ricercati.
Mia è una quindicenne bellissima, figlia unica di Sergio e di Valeria, insieme sin da adolescenti ed ancora profondamente innamorati. 
E’ una famiglia serena, Mia è una pallavolista, che fa video al cellulare coinvolgendo spesso anche Sergio in coreografie improvvisate.
Il padre mostra una poco ferma riluttanza verso questo genere di cose alle quali, poi, si presta volentieri con la promessa da parte di Mia che non vengano pubblicati.
Valeria è la madre alleata, aspetta sul divano che la ragazza rincasi rimproverandola benevolmente quando rientra oltre l’orario consentito, mentre Sergio è al lavoro.
Genitori che rispettano il canonico ruolo del padre che dà le regole e la madre che protegge, sebbene Sergio non sia né rigido nè poco comprensivo; Mia non gliene dà motivo.
Il ventenne Marco entra nelle vita di Mia senza quasi lasciarle il tempo di pensare, in effetti questo è un primo inequivocabile segnale.
Per esigenze narrative, tutto accade molto velocemente; il controllo, l’isolamento, la solitudine, la perdita di interesse, gli occhi spenti.
Mia è sua, è succube di Marco.
Valeria e Sergio si approcciano in maniera completamente diversa prima e dopo gli eventi.
Sergio intercetta i segnali che Valeria prova a ridimensionare, attribuendo al marito il classico atteggiamento di gelosia nei confronti della figlia, non è più una bambina, le prime esperienze affettive sono prevedibili.
Poi Valeria ci sarà, presente ogni giorno. Sergio devastato. Come spesso accade, un grandissimo dolore può unire, molto spesso divide.
La legge è solo l’ombra della giustizia. Lo si comprende nella struggente scena finale.
Mia non è solo un film sull’amore tossico, sulla pericolosità di un oggetto di cui dispongono tutti sin dall’infanzia, sugli effetti della vittima, ma è anche un film che sposta il focus sulla famiglia, sulle ripercussioni che forti si riverberano sui genitori. Più vite vengono sconvolte, occhi che si chiudono, occhi che si spengono. La drammatica realtà giudiziaria, dove la legge non è nemmeno l’ombra della giustizia.
Edoardo Leo interpreta il ruolo di Sergio in modo eccellente, qualsiasi altro commento risuonerebbe superfluo e ridondante. Dispiace molto che non sia stato candidato alla prossima edizione dei David di Donatello.
Milena Mancini,  dopo la donna fintamente ignara, fragile ed arresa madre  di Mirco ne La Terra dell’Abbastanza, ci regala un’altra madre, affettuosa, comprensiva, malleabile ancora una volta ignara, ancora una volta sottovaluta il pericolo.
In un contesto di borgata, dove il romanesco è il registro linguistico utilizzato, un po’ stride Greta Gabarri, con il tuo italiano quasi perfetto, senza nessuna inflessione romana, appare fuori dal contesto sia familiare che amicale.
Mia non è un film bello, è un film potente, motivo per il quale non bisogna perderlo.
“Per tutta la vita andare avanti, cercare i tuoi occhi negli occhi degli altri, far finta di niente, far finta che oggi sia un giorno normale…un anno che passa, un anno in salita, che senso di vuoto che brutta ferita, delusa da te, da me…Esplode il cuore, distate, anni luce fuori da me. Sei colpa mia, la gelosia…”


 
 


 

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