 Ci sono delle parole che sono indissolubilmente legate al genere e alcune, in particolare, alle donne e alla sfera privata che troppo spesso diventa pubblica.
‘Provocazione’ è una di questa, con le dovute asimmetrie. Se pensiamo alla provocazione di una donna, pensiamo al ‘dispetto’ di chiamare l’uomo verso prospettive sessuali, se pensiamo alla provocazione di un uomo, invece, andiamo su un dominio più violento e di confronto.
Quindi usare questa parola, porta con sé degli strascichi di contestualizzazione di genere.
C’è una teoria linguistica per cui, i parlanti utilizzano due o più parole insieme perché queste formano un’unità concettuale costruita appunto sugli usi e significati frequenti.
Abbozzo, senza studiare un corpo di testi, che questo è il caso di ‘provocare’.
E LaRepubblica.it non si fa sfuggire il paio linguistico e di genere. Sul sito internet, scorrendo i testi della pagina principale di oggi si legge (anche di politica) della lista Tsipras.
Altra ‘politica’, ancora una volta della lista Tsipras per le prossime elezioni europee a fine mese, la troviamo nella colonna a destra http://www.repubblica.it/politica/2014/05/04/foto/lista_tsipras_paola_bacchiddu-85237028/1/?ref=HRESS-1#1): terzo titolo nella colonna, subito dopo la pubblicità del profumo di Chanel (in questo momento).
“Le immagini/La curiosità”, non sapendo forse scegliere se inserirlo nella prima (immagini) o seconda (curiosità) categoria, hanno pensato di accorparle.
Il titolo legge “Tsipras, in bikini per le europee, la provocazione della portavoce”; e poi per ricordarci che è una pratica usuale e accettata, aggiunge un link: “strip di altre donne e uomini”.
Incredibile come forme dei due generi grammaticali diventino improvvisamente più corrette, ovvero il solito e frequentissimo uso dell’espressione “uomini e donne” viene rimpiazzato dall’alternativa “donne e uomini” che, in questo caso, solo apparentemente offre una prospettiva sul problema linguistico della supremazia maschile nella società (ricordate il documento della linguista Alma Sabatini che suggerisce di alternare forme divise come “bambini e bambine” e “bambine e bambini”, ma non dice di farlo per scopi politici e per esacerbare le disparità e la politica del sesso!).
Seguire il link porta ad un articolo dell’Huffington post con questa galleria di ‘anonimi’, possibilmente personalità della politica, in costume da bagno.
Torniamo al bikini della portavoce, a cliccare il link che contiene la parola ‘provocazione’ si giunge ad una galleria fotografica che inserisce nel titolo, rimpiazzando ‘provocazione’, ‘ironia’, seguita dalla foto in costume e posizione provocante di Paola Bacchiddu e dalla ‘notizia’, che chiude con “intanto il post non è più visibile sul profilo social della Bacchiddu”.
Effettivamente non deve aver funzionato, questa ironia!
E forse perché questa non può essere ironia, perché in Italia e nel contesto politico come abbiamo più volte visto nel corso di questa rubrica non c’è un significato unico all’ironia, ovvero non c’è una condivisione istituzionale e di genere su cosa sia ironico e su cosa invece continui ad aumentare l’ingiusta concettualizzazione della sessualità e del sessismo nella politica italiana.
Se alla portavoce della lista politica può apparire sorprendente che alcuni abbiano reagito scrivendo commenti poco appropriati, a molti di noi sembrava scontato.
La machiavellicità dell’ “io uso qualsiasi mezzo” come legge la didascalia della sua foto, ha ancora una volta provato che non siamo pronti a un confronto politico sull’argomento delle donne in politica.
Non c’è unità e non c’è volontà comune nell’affrontare l’attacco politico e sistematico che alcuni uomini lanciano alle donne in politica con lo scopo di riportarle nel focolare domestico e in quello privato.
E ‘provocazioni’ del genere, sono (per quanto mi riguarda), deboli, oltre ad essere pseudo manipolazioni che non portano da nessun’altra parte se non nella direzione in cui si è già percorsa troppa strada.
Nel mio lavoro accademico, io ho chiamato esempi come questo, che raggruppano donne in politica, con o senza merito, in un femmi-maschilismo (il gioco di parole suona ‘meglio’ in inglese, fe-male chauvinism), ovvero in una pratica che pur con il ‘probabile’ scopo di sovvertire lo status quo (ovvero la sessualizzazione delle donne in politica), contrariamente contribuisce a confermare lo stesso.
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