Il materasso di lana, sì, quello delle nonne, è uno degli oggetti che hanno segnato la vita di tutti noi in modo indelebile.
Non era solo un oggetto di arredamento, era tutto quello che serviva per dare vita ai sogni di ciascuno di noi, specialmente quelli che, per ultimi, hanno potuto "assaggiarlo" in prima persona.
I materassi erano imbottiti esclusivamente con fiocchi di lana che riempivano un sacco di stoffa, opportunamente sagomato e lavorato in modo che assumesse, appunto, la forma del materasso.
La forma del materasso in verità, ben presto si rovinava, perchè più tempo passava e più la lana che lo componeva si appiattiva.
Man mano i fiocchi di lana diventavano sempre meno soffici anzi, a dirla tutta, finivano per diventare una sorta di tocchetti sempre più duri e tutt'altro che confortevoli.
Quando anche i cuscini avevano subito la stessa sorte scattava l'allarme.
Appoggiare la testa su un cuscino ormai "fuori forma" era come appoggiarsi ad un sacchetto di patate novelle.
Era giunto il momento di chiamare la "materassaia", artigiana esperta in ogni arte connessa alla manipolazione del materasso. Ma la maggior parte di noi, della mia famiglia e del suo largo parentado, non aveva risorse economiche da sprecare e tutto il processo di rinnovo dei meterassi era curato rigorosamente in proprio, grazie anche alle innate capacità artigianali proprio delle donne di famiglia.
A ben vedere tutti i ritmi della famiglia erano scanditi da tempi ben definiti e più o meno intorno a luglio era inevitabile rimanere coinvolti nel rinnovo dei materassi.
Si trattavano i materassi uno alla volta, ovviamente, e si iniziava con l'aprire la fodera esterna.
Non esistevano o erano poco diffusi, all'epoca, i coprimaterassi ed inevitabilmente i materassi recavano i segni delle incontinenze da un anno all'altro di qualche comonente della famiglia.
In realtà anche la lana che imbottiva il materasso portava i segni di incidenti igienici per cui il primo passo era inevitabilmente il lavaggio di tutti i componenti.
Le fodere venivano appese ad asciugare a mo' delle lenzuola, mentre la lana veniva stesa ad asciugare sul pavimento, al sole.
Una volta asciugata la lana veniva accuratamente allargata in modo da aprire i fiocchi che s'erano appassiti con l'uso e questo era un lavoro al quale era impossibile sottrarsi; tutti i componenti della famiglia rimanevano coinvolti, con gran divertimento specialmente dei più piccoli, felici e contenti di partecipare a quello che sembrava solo un gioco. Quando tutto era asciutto e fresco di pulito si riassemblava tutto di nuovo.
La fodera veniva posizionata sul tavolo ed un po' alla volta la lana veniva posizionata al suo interno.
I fiocchi ben ampi e soffici riempivano ben presto il materasso che alla fine era praticamente raddoppiato di volume.
I lacci posti a distanza regolare sulla fodera rimettevano un po' a posto le cose ed il materasso cominciava a riprendere la forma giusta anche con l'ausilio di aghi lunghissimi che attraversavano il materasso da parte a parte.
Il tocco finale era nel "disegnare" il bordo del materasso, che dava la cosistenza definitiva al lavoro. Lo stesso con i cuscini.
Alcuni venivano così bene che, alti, anzi altissimi più che mai per la rinnovata imbottitura, finivano inevitabilmente per procurare il torcicollo al malcapitato che non conosceva bene le dinamiche del dormiveglia.
I più furbi saltavano, invece, ripetutamente sui cuscini prima di usarli e finivano così per attenuarne un po' il gonfiore rendendoli più confortevoli.
Alla fine il materasso ed il cuscino passavano al "collaudo" definitivo e soffici, morbidi, profumati di fresco, finivano per ispirare mille straordinari sogni di gloria per tutti noi.
Poi vennero i materassi a molla, con la pubblicità dell'omino dal pigiama a strisce, e scoprimmo che il tempo passava per tutti noi, grandi e bambini.
Oggi il materasso della nonna, della mamma, della zia, non fa parte più del corredo e le spose non portano più in dote almeno due materassi di lana e due di fieno.
E sono finiti anche i sogni di gloria di quando eravamo poveri ma belli.
E, soprattutto, felici.
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