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Se ci fa paura guardare alla realtà sessista
     
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mar 12-01-2016 09:24, n.7025 - letto 7995 volte

Se ci fa paura guardare alla realtà sessista

La riflessione di Federica Formato sul "Quo Vado"

di Federica Formato

Per questa settimana più che fare un’analisi linguistica, mi sento di fare un’analisi più sociologica della mancanza di saper criticare (e non intendo in maniera negativa ma interpretativa) i fenomeni mediatici.
Ho letto solo alcuni dei pochi commenti, positivi e negativi, circa il film ‘Quo Vado’ di Zalone, li ho evitati proprio perchè credo sia inutile fare sermoni su questioni relativamente poco importanti (rispetto alle guerre e alla discriminazione su alcune categorie di persone).
Io ho trovato i film di Zalone, oltre alle battute che strappano risate, interessante dal punto di vista dei temi e delle personalità (rap)presentate, nella maggior parte prototipi italiani che con paura tendiamo a nascondere e stereotipi inter-nazionali che indubbiamente promuoviamo in italia.
Il problema allora non è quello che è nel film, ma come lo spettatore interagisce con cosa appare in video.
Mentre il discorso può sembrare molto astratto, cerco di contestualizzarlo in pratici esempi.
Partendo dall’ultimo film ‘Quo Vado’, ho trovato molto reale e ovviamente allarmante, la situazione in cui il protagonista principale entra in un ufficio e si dirige spedito dall’uomo seduto dietro alla scrivania, saltando la donna che sedeva all’altra scrivania.
La comicità (amara) arriva quando l’impiegato specifica che la dirigente è la donna mentre lui è il segretario.
Zalone rimane negativamente sorpreso dalla ‘disposizione’ lavorativa, al contrario dei tradizionali canoni italiani dove è sempre la donna a fare la segretaria e l’uomo il dirigente.
Fermiamoci qui. Abbiamo due opzioni: o pensare che Zalone l’abbia fatto senza pensarci, che sia capitato per pura casualità, oppure che l’abbia fatto per far riflettere allo spettatore (spostando la responsabilità del contenuto) al vizio sessista di denigrare la donna sotto tutti i punti di vista.
Il sessismo (ma anche il razzismo e l’omofobia) vengono presentati così: crudi, quasi superficiali, riflesso di persone ignoranti, cafone, poco istruite.
E a noi non piace sentirci così, giusto?
E non ci piace che si critichino gli italiani e non ci piace che lo si faccia così pubblicamente, e che la gente lo trovi anche simpatico.
A mio avviso il problema delle critiche è che non abbiamo fatto un esame di coscienza, che non siamo pronti a toccare le nostre certezze in materia di prototipi e stereotipi.
Anche se, sempre a mio avviso, sarebbe il caso e l’ora.
Mi viene in mente che tanto parlare (Shakespeare direbbe ‘tanto rumore per nulla’) non si sia successo per altri film che senza scrupolo (perchè dovrebbero?) perpetuano visioni della donna ristrette e sicuramente sessiste.
A questo proposito mi vengono in mente tutti i cinepanettoni dove si sprecano le battute sessuali/sessiste, dove la donna è sempre la giovane di turno svestita a puntino, proprio come le commedie porno soft degli anni 80.
Ma i cinepanettoni non si toccano, sono affari di famiglia!
È quando la famiglia che viene messa sotto il microscopio, che i panni non si lavano più in famiglia ma sono davanti agli occhi di tutti che sentiamo il dovere e il diritto di nasconderci e di non voler interpretare.
Personalmente io ho trovato molto più offensivo il film di Woody Allen ‘To Rome with love’ dove si prendeva in giro la città, i personaggi (anche del calibro/quelli rappresentati da Roberto Benigni) che ‘Quo Vado’, un quadro, certo raccapricciante delle credenze popolari di un paese che giudica il surperfluo e lascia andare il necessario.
Se avessi letto sui social networks così tante parole sui politici e le loro ristrette qualità intellettive, adesso forse concorderei con voi che non è il caso di spendere parole su un film.
Ma lasciatemi terminare dicendo che il cuore della mia rubrica, che sembra anticipare quel sessismo trattato da Zalone presentando un quadro altrettanto allarmante, è l’esame di fenomeni popolari che coinvolgono una grande maggioranza della popolazione.
Non mi interessano le torri d’avorio, quelle in cui gli analisti guardano dall’altro verso il basso.
Il mio è un approccio orizzontale senza deresponsabilizzazione di noi come partecipanti degli eventi mediatici, culturali e certamente linguistici del nostro paese.

 
 


2 commenti   top
n.530 - ha scritto Federica  14-01-2016 10:52:26  
Vero Maria Luisa, non ci rendiamo neanche più conto del 'valore' delle brutte parole. Da linguista, se posso, dico che forse fanno parte di tutta quell'italianità rappresentata nel film e, come altri temi, sono messe li ad hoc. Io spero solo che il film faccia riflettere, ma capisco che ci sono due tipi di spettatori, quelli attivi e quelli passivi. Magari farlo vedere nelle scuole con una guida ai contenuti non sarebbe una cattiva idea.
n.529 - ha scritto maria luisa caputo  12-01-2016 19:50:21  
Sono perfettamente d'accordo con la tua analisi. Ho trovato anche io molto offensivo il film di Woody Allen che il film di Zalone. Il film di Allen è offensivo verso Roma, presentata come un paesone con le donne arretrate, antiquate, sciatte e stupide mentre Parigi (Midnight in Paris) appare come la città dove tutto può accadere, come in sogno, e solo bello. Detto questo ho trovato interessante e divertente l'analisi socio culturale ed educativa di Quo vado. Mi piacerebbe che una volta tanto, in futuro, venga eliminato da Zalone il turpiloquio, antico retaggio da caserma che strappa ancora risate e fa abbassare il livello dei film!
 
 
 

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