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Premio Strega 2020: ecco altre cinque proposte
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gio 13-02-2020 14:29, n.12936 - letto 6851 volte

Premio Strega 2020: ecco altre cinque proposte

Gli amici della Domenica potranno presentare i titoli entro il prossimo 3 marzo

di Elide Apice


Johnatan Bazzi con Febbre (Fandango Libri) è stato è proposto da Teresa Ciabatti con la seguente motivazione: «Febbre di Johnatan Bazzi è un romanzo che testimonia un presente che è già futuro prossimo. Questa è una storia del tempo nuovo: perché il fuoco è sorprendentemente altrove rispetto a dove è stato messo fin qui da letteratura e senso comune. Esula dai giudizi e sposta il baricentro sull’accettazione delle fragilità.
Una lingua contaminata – la lingua di una periferia dove si parla un pidgin febbrile di milanese, napoletano, pugliese e siciliano – a tratti interrotta, a tratti fluida, distorce, denuncia, svela, innalza e abbassa la soglia della gioia.
Così il protagonista, creatura in divenire, non cerca un’identità, o almeno non nelle categorie esistenti, ma ne inventa una sua personale in cui si ama su internet (“usatemi per studiare il cuore del nuovo millennio, quello che prima s’innamora e poi ti vede in faccia”), in cui si può essere tutto, felicemente tutto: colto, balbuziente, emotivo, gay, ironico e anche sieropositivo. L’Orlando di Virginia Woolf qui si condensa, e trova realizzazione in pochi anni. Non servono più secoli.»
Giuseppe Lupo con Breve storia del mio silenzio (Marsilio), proposto da Salvatore Silvano Nigro con la seguente motivazione: «“Ho quattro anni”. Comincia così il romanzo. Con grande finezza letteraria, in una prosa nitida e fluente, Lupo scrive un’autobiografa delicatamente fabulosa inquietata da un “silenzio” che è trauma infantile di afasia, e poi, nel tempo, insidia persistente di un “male delle parole” e di una “inimicizia con il linguaggio”.
Il libro è anche un romanzo di formazione: un’educazione alla scrittura letteraria al di là del “silenzio”; verso la scoperta della letteratura in quanto risorsa di “oblio”, nella quale “le immagini della memoria una volta fissate con le parole, si cancellano”, come scriveva Italo Calvino.
La prosa è di un’accurata e morbida lentezza. I tempi della narrazione avanzano e retrocedono, per procedere ulteriormente. Così il racconto si stratifica, in quelle che l’autore più che stagioni chiama “ere”: essendo la vita simile a un palinsesto geologico. Il filo di ogni evento viene quindi ripreso in un altro tempo che, tornando indietro, riprende il bandolo e lo intrama.
Lupo ha l’orecchio infallibile di un regista per l’opportunità delle entrate e delle uscite dei suoi personaggi, per l’apertura e la chiusura di ogni singolo episodio.»
L'AUTORE PRESENTERA' IL LIBRO A BENEVENTO IL PROSSIMO 2 MARZO

Alfredo Palomba con Teoria della comprensione profonda delle cose Wojtek Edizioni, proposto da Antonella Cilento: «Il romanzo, multiplo e sperimentale, ritrae un gruppo di protagonisti irregolari, dall’autore di un blog anonimo a un tossicodipendente che crede d’essere cavaliere errante, sullo sfondo di una immaginaria città, Paesone.
Voce di enciclopedia, poesia, tema in classe, imitazione donchisciottesca e rinascimentale, note a margine sulla trap: tutto confluisce nella magmatica narrazione di Palomba che aspira a un formato di romanzo aperto e ricco di codici, che ritrae l’estrema solitudine di una Mancha italiota due punto zero. Il romanzo si segnala per coraggio e qualità, certo ancora in via di maturazione e precisazione trattandosi di un esordio.»
Remo Rapino con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (minimum fax), proposto da Maria Ida Gaeta: «È un libro non collocabile facilmente né per generazione né per lingua in un contesto già noto della narrativa italiana.
È un libro che sorprende per la scatenata vitalità e autenticità della lingua. È un libro che poggia sapientemente su una grande tradizione ed è popolare. Sta dalla parte dei matti, degli idioti, fuori dai margini, dove spesso sta la letteratura o comunque dove la letteratura sa stare. U
n libro in cui un “cocciamatte” di paese, un uomo che non ha mai conosciuto il padre e che ha perso la madre da ragazzino, ormai anziano, solo, racconta in prima persona la sua vita e nel farlo riattraversa buona parte del Novecento.
Con un linguaggio gergale e personalissimo, intriso di dialetto abruzzese, scorrono le vicende di una esistenza segnata da una infanzia e una giovinezza povere , il servizio militare in Friuli, il ritorno a casa, di nuovo la ripartenza per cercare lavoro al nord, il lavoro in fabbrica, lo sfruttamento e la scoperta della politica, il legame e la solidarietà con gli altri emarginati, la disillusione e la fine dei sogni di riscatto, il carcere e il manicomio, fino al definitivo ritorno al paese dove viene accolto come “cocciamatte” e da questa condizione si mette a scrivere, a più di ottanta anni e prima di morire. E scrive con grandissima umanità, commuovendo e divertendo i lettori.
È un romanzo che ha una voce. Le vicende narrate e lo stile della scrittura sono il personaggio stesso, coincidono.
Il matto Liborio con la sua vita sconquassata, con il suo parlato /scritto, con i suoi amici e i suoi nemici, con la solitudine che lo avvolge, si fa ascoltare e ci conquista. »
Enrico Vanzina con Mio fratello Carlo (HarperCollins), proposto da Masolino D’Amico con la seguente motivazione: «Vanzina ripercorre le tappe della morte, dolorosa perché prematura, di un fratello al quale era stato molto legato sia affettivamente sia per una lunghissima collaborazione artistica – e così facendo, rievoca e analizza la sostanza del rapporto.
Il libro è esemplare per il felice, raro connubio tra passione e sincerità di un dolore autenticamente provato, e la capacità di analizzarlo non dirò freddamente, ma obbiettivamente; un caso in cui la scrittura, ossia il mestiere dello scrittore, aiuta a spiegare e contemporaneamente a capire, chi scrive per primo, e poi chi legge.
Accettare è necessario (che altro si potrebbe fare?), ma conciliare un messaggio positivo con una sensazione di ferita che rimane aperta, rintracciare un significato, magari con l’aiuto di una delicata dose di umorismo, in piccoli episodi del passato, richiede un raro equilibrio che il breve libro ottiene con una serenità ammirevole, confermata dalla grande diffusione che ha conosciuto, subito e senza sforzi di promozione editoriale.»
fonte Premio Strega