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Il processo ai Chicago 7
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gio 29-04-2021 22:08, n.13407 - letto 625 volte

Il processo ai Chicago 7

Il punto di vista di Maria Pia Ciani

di Maria Pia Ciani


Il volto angelico di Eddie Redmayne si distingue tra gli imputati attivisti. I Chicago Seven che manifestarono contro la decisione del governo americano di continuare ad arruolare giovani da inviare in Vietnam. L'accusa è di cospirazione al fine di causare scontri provocando la polizia, durante la convention del Partito Democratico il 28 agosto 1968. Al banco degli imputati anche il capo delle Pantere Nere che sin dalla prima udienza non tace la strategica volontà da parte del giudice "bianco", di averlo coinvolto per impressionare la giuria. Era stato a Chigaco per sole quattro ore, il tempo di pronunciare il suo discorso improntato sugli ideali di Martin Luter King. Il processo è di chiaro stampo politico, a sostenerlo sarà uno degli imputati, Abbie Hoffman la cui interpretazione è valsa a Sacha Baron Cohen la candidatura agli Oscar 2021 nella categoria Miglior attore non protagonista. Le perplessità sulla fondatezza del processo sono espresse dal Procuratore dell'accusa, il quale comuqnue affronterà il processo per mostrare la responsabilità dei 7 imputati, persone completamente diverse per ideali, cultura e formazione ma con in comune la medesima convinzione: ritirare le truppe americane dal Vietman e porre fine ad una guerra tanto atroce quanto inutile.
Un processo strumentalizzato i cui fini politici sono chiari dalla prima udienza presieduta da un giudice tutt'altro che autorevole ma piuttosto autoritario. Testimonianze pilotate, verità taciute, prove artefatte, un processo ingiusto e basato sul pregiudizio che mette a dura prova gli avvocati degli imputati, anche quando la strategia difensiva sembra essere efficace ma il giudice appellandosi a discutibili cavilli legislativi, non permette loro di utilizzare prove e testimoni a discarico. Il film dalla trama avvincente prevede numerose incursioni di immagini di repertorio, capaci nella discontinuità cromatica della pellicola a colori con immagini in bianco e nero, di attribuire maggiore credibilità alla narrazione. Il film è bello, lo è davvero tanto. Tra le scene più suggestive la testimonianza di Abbie Hoffman, fautore della rivoluzione culturale, che da prova di uno spessore profondo tradito da una beffarda apparenza. La scena finale poi è da ovazione.